Sala Colonne
“Il tempo si era fermato” è un open studio dell’artista Gabriella Benedini che contiene opere legate all’arte pittorica e scultorea. La varietà delle opere rimandano al silenzio della pandemia, ma anche alla musica. Ospitare l’open studio all’interno della Fabbrica del Vapore significa ricordare una città diversa e vuota in un tempo cristallizzato in cui la Cattedrale, il maestoso edificio all’interno di Fabbrica, si era trasformata in un centro vaccinale. Il libro, le mascherine, gli strumenti musicali sono conciliati in una grande e mirabolante ampolla alchemica che contiene la poetica artistica di Gabriella Benedini.
L’artista sarà presente durante i cinque giorni di MuseoCity per accompagnare i visitatori alla scoperta della sua ricerca artistica. La narrazione risulta armoniosa in quanto, da un lato è scandita dalla cromaticità rigorosa del bianco e nero, dall’alternarsi del bianco e del metallo delle produzioni artistiche, e dall’altro dalla polifonia degli elementi creativi.
L’esposizione ha il fine di collegare il dramma delle mascherine con lo spazio musicale trasformato dalla solitudine. Per tale motivo, ne “Il tempo si era fermato”, sono presenti le tre Mousiké dell'artista, i suoi strumenti musicali. Attraverso la musica, quindi, la percezione drammatica dell’esposizione si sostituisce a una dimensione metapoetica.
“Il tempo si era fermato” descrive una città metafisica, svuotata della presenza umana, dove la paura di avvicinarsi e toccarsi risuonava nella psiche umana. Una città che risultava bloccata in uno spazio surreale e completamente disorientante e in un tempo che apparentemente scorreva, dove le persone vivevano chiuse in un silenzio fatto di paure, accompagnate dagli schermi accesi delle televisioni, che assiduamente informavano di morti drammatiche racchiuse in bolle solitarie. Solamente lunghe file immense di persone davanti a farmacie e supermercati occupavano i suoli delle città.
“Il tempo si era fermato” è un racconto che sembra lontano, ormai metabolizzato dalle persone. Solo qualcuno sembra ricordare un oggetto che segnava la quotidianità delle giornate: la mascherina, embodiment carnale, che, a distanza di tempo, si è distaccato ed è considerato mero oggetto. L'unico accesso al mondo era il cellulare dove reti di video di musicisti riempivano con le proprie melodie le città vuote. Oltre ai suoni, le immagini si sposavano perfettamente con le architetture che decoravano i paesaggi urbani. Milano diventava una città nuova, mai vista prima, dove le bellezze artistiche e architettoniche primeggiavano e la città diventava la vera protagonista.